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Considerazioni sul Disegno di Legge per l’adozione della tracciabilità di filiera

Il disegno di legge Misure per l'adozione di un sistema di tracciabilità di filiera, presentato al Senato il 30/12/2008, si pone due obiettivi specifici:  istituire un sistema di tracciabilità di filiera volontario e tutelare il consumatore finale. 
Obiettivi conseguibili attraverso “un disciplinare di filiera, il rilascio di una certificazione volontaria e un'etichetta da apporre sulle confezioni”.   
In questo modo garantito la sicurezza e l'origine di alcuni prodotti, che diverrebbe così veicolo e strumento promozionale nei mercati internazionali.

 

Ci si chiede se una legge che istituisce una norma volontaria, possa realmente favorire la diffusione della rintracciabilità di filiera. L'autore ne analizza i contenuti e formula alcune proposte, a suo avviso risolutive nell'ottica di una visione sistemica della filiera agroalimentare, già presentate nel Simposio in due distinti articoli: Filiera olio: quali opportunità per il Made in Italy e Italian Sounding: le contraddizioni e le soluzioni.

Mi occupo di sistemi di rintracciabilità dal 1994, prima del decreto 155/97 e delle varie crisi alimentari succedutesi negli ultimi 10 anni. Dal 1999 ho affrontato il problema avvalendomi delle varie soluzioni che la tecnologia ha messo man a mano a disposizione per il miglioramento organizzativo.

Le premesse del disegno di legge, che includono in calce, sono ampiamente condivisibili: l'attenzione crescente dei consumatori nei confronti della visibilità della filiera , il recupero degli elementi di «conoscenza diretta» tra fornitore e acquirente, le opportunità conseguibili dagli utenti nel recupero dell'efficacia e dell'efficienza dei loro processi.
La soluzione che esso individua "è basata sulla certificazione volontaria di prodotti o di processi produttivi e si traduce in un'etichetta ("... principale strumento di comunicazione e di valorizzazione delle produzioni certificate... "), da apporre sulle confezioni.
Eppure il disegno di legge richiama alcuni elementi di certezza (Reg. 178/2003).
Perché un'altra legge per una certificazione volontaria, se esiste un ben definito riferimento normativo a livello europeo ed esistono già modelli organizzativi, basati su norme volontarie, che richiedono l'applicazione della rintracciabilità?

Cerco di analizzare i contenuti del disegno di legge, ricercandone gli elementi positivi ed inevitabilmente evidenziando ciò che potrebbe essere incluso.

Per sviluppare il mio ragionamento a partire dall'assunto di un sistema di rintracciabilità efficace ed efficiente, sia la sintesi a cui può giungere un'organizzazione e, quindi, la filiera agroalimentare, nella razionalizzazione dei propri processi.
Un sistema di rintracciabilità è l'ossatura del processo primario e deve essere quella più “snella” conseguibile, intorno alla quale si sviluppano e si articolano i processi secondari che attraversano l'intera filiera. Costituisce il sistema nervoso, che accompagna il flusso dei materiali e che trasferisce le informazioni a tutte le strutture funzionali dell'organizzazione e che, per sua natura, si diffonde a monte ed a valle di essa.

L'impegno di un sistema di rintracciabilità è l'occasione per riorganizzare e far evolvere le strutture funzionali a livelli superiori di efficacia ed efficienza operativa: “la vera opportunità per l'agroalimentare”. Per questo l'applicazione di un sistema di rintracciabilità e la sua reale attuazione rappresentano la sintesi del modello organizzativo conseguibile, che ovviamente è solo un punto di arrivo per un sistema dinamico. 

Il punto di partenza deve essere necessariamente l'analisi dello stato dell'arte del settore agroalimentare, inserito nel contesto macroeconomico internazionale, in quello legislativo e in quello tecnologico.

Direi che i primi due aspetti sono stati presi in considerazione dal disegno di legge. Il terzo è stato in qualche modo dato per certo, mentre il contesto tecnologico e, con esso, quello dei modelli socio / comportamentali indotti dalla tecnologia, decisamente no.
La tecnologia informatica è un elemento abilitante per il cambiamento ed ormai rappresenta un “elemento base” presente nel macro sistema, con cui ci si dovrebbe necessariamente confrontare, per non perdere l'opportunità.

Il disegno di legge mira a conseguire un cambiamento del modello organizzativo, indicando la via della stesura di disciplinari e la costituzione di organi di controllo, senza introdurre indicatori, tempi di attuazione o risultati che i modelli dovrebbero conseguire, limitandosi all'applicazione dell'ambito volontario.

Aver individuato la soluzione del problema, nel disciplinare, nei suoi organi di emissione-controllo e nell'etichetta, è riduttivo della reale portata del cambiamento diversamente conseguibile. Si è solo individuata una delle tante soluzioni sintomatiche che non fa altro che spostare il problema, salvo ripresentarsi alla prossima crisi, sanitaria o commerciale o l'uno e l'altra.

Un cambiamento, una discontinuità nel modello organizzativo di filiera, si può innescare in maniera decisa solo con la consapevolezza e la convergenza dei fattori caratterizzanti il ​​sistema, che solo allora ridisegnano un contesto, in cui quegli elementi di base, nella loro interazione, assumono una dimensione ed una capacità di cambiamento diversa da quella apparente iniziale. Per attivare la dinamica del sistema nella direzione voluta, conseguendo i risultati descritti dal disegno di legge, va individuata la leva virtuosa che alimenti il ​​processo di cambiamento. Altrimenti intervengono elementi ritardati e di riequilibrio a cui il sistema è esposto.

 

IL CONTESTO E LE SOLUZIONI INDIVIDUATE

Esiste una convergenza di fattori che un mio avviso rende unico questo momento. L'affermazione del web 2.0, la maturità delle soluzioni tecnologiche, il contesto internazionale (crisi, valorizzazione e difesa del Made in Italy), il bisogno di trasparenza dei consumatori e l'esigenza degli organi di controllo di tutelare il mercato e la salute pubblica .

In questo disegno di legge il legislatore manifesta una carente visione "sistemica", quando individua "soluzioni sintomatiche" e non quelle fondamentali.

Un disciplinare, in questa ottica, presenta a mio avviso un unico punto condiviso: il controllo dello stato dell'arte, della filiera, per l'individuazione di un modello organizzativo di riferimento, da conseguire, determinando un orientamento a lungo termine e il sentimento di visione condivisa.
Questo, a mio avviso, è solo un elemento valido presente nel disegno di legge, che però temo sia “frenato” perché ancorato a ricercare soluzioni su processi di “transfert” (il disciplinare, il controllo e l'etichetta) che traslano il problema, e non i processi che controllano il rafforzamento delle soluzioni fondamentali (la ricerca della leva virtuosa che innesca il cambiamento).

Mi spiego, quando parliamo di disciplinare dobbiamo avere in mente che, nella dimensione attuale, stiamo parlando di carta, che però al livello dello sviluppo tecnologico raggiunto e della contestualizzazione del web 2.0, diviene obsoleta.
Già oggi molti disciplinari non riescono a garantire la conservazione dei mercati (vedi il caso del Brunello di Montalcino), come possiamo vedere oggi nel disciplinare di filiera e della relativa etichetta la soluzione del problema?

L'etichetta è anch'essa una soluzione sintomatica, crea trasferimento, sposta il problema a valle ed allontana dalle soluzioni fondamentali: non è una leva che genera effetti virtuosi sul sistema e che risolve le contraddizioni in esso presenti. Riproponendo soluzioni sintomatiche, si perde di vista il cuore del problema, non vengono colte le ricadute positive che la rintracciabilità offre dal punto di vista comunicativo e commerciale.

 

LA SOLUZIONE SPECIFICA E LA LEVA VIRTUOSA DA UTILIZZARE

Se analizzassimo il sistema agroalimentare ed il suo contesto in un'ottica sistemica, ci accorgeremmo come la "soluzione fondamentale", come scritto già in passato nel Simposio, è la disponibilità in ogni luogo ed in ogni tempo delle informazioni di rintracciabilità del prodotto e, con esse, le informazioni che possono esaltare la sua distintività. L'abbattimento di barriera spazio-temporale richiede l'uso della tecnologia e della nuova dimensione del web 2.0.

In tal senso, esistono le soluzioni, quella da me è sostenuta dall'interoperabilità dei sistemi di tracciabilità, dall'applicazione nei singoli siti e dai diversi attori della filiera e nella creazione di comunità specialistiche del settore agroalimentare.

In un “villaggio globalizzato” non ci sono più segreti da nascondere, le opportunità possono essere colte, alimentando la trasparenza del sistema.
La spinta al cambiamento, l'innovazione e la crescita del sistema, si attiva nella rete che, trasparente di natura, crea conoscenza condivisa ("l'effetto leva") e, quindi, alimenta la coscienza collettiva del prodotto e del suo produttore.

Per il nostro sistema agroalimentare, questo sembra essere un aspetto invalicabile. Ma in realtà è un'inerzia psicologica che, bloccando la trasparenza, rallentando lo sviluppo della rintracciabilità dei filiera, come sistema portante, su cui articolare una strategia comunicativa vincente, di difesa e valorizzazione dei prodotti agroalimentari.

 

CONCLUSIONI

Un sistema di rintracciabilità di filiera basato su queste soluzioni apre la via dell'innovazione dei processi, delle transazioni, degli acquisti di acquisto dei consumatori e quindi favorisce l'innovazione di prodotto e la creazione di nuovi mercati e il loro consolidamento.

Mi pare di poter concludere che, da parte del legislatore, ci sono indicazioni limitate.
Proviamo a raccogliere altre considerazioni per giungere ad una proposta più sistemica del problema.

Dott. Gianfrancesco Meale

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