EUDR e deforestazione: la coerenza perduta tra dichiarazioni e scelte politiche ed aziendali

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deforestazione nel Borneo

Negli ultimi mesi, il Regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR) sembrava rappresentare un segnale forte di cambiamento per l’intero sistema agroalimentare. Un passo deciso verso un’economia capace di bilanciare commercio internazionale, obiettivi ambientali e diritti umani.

A cosa serve l’EUDR

Gli obiettivi principali del regolamento sono aiutare le aziende a valutare, attestare ed infine minimizzare l’impatto dei propri prodotti sulla deforestazione, sul degrado forestale, sulla perdita di biodiversità e sul rispetto dei diritti delle popolazioni indigene coinvolte.

Recenti indiscrezioni rilanciate da Euractiv evidenziano tuttavia un ridimensionamento della portata dell’EUDR tale da renderne quasi nulla l’efficacia.

Il passo indietro: fuori dalla “lista nera” Brasile, Indonesia e Malesia

L’EUDR prevede un processo di classificazione dei paesi in categorie di rischio (alto, standard, basso) che determina la severità delle norme di dovuta diligenza che le aziende devono rispettare per importare materie prime agricole critiche. Secondo fonti interne alle istituzioni europee, nella nuova bozza del regolamento sarebbero stati esclusi dalla lista dei “paesi ad alto rischio” colossi come Brasile, Indonesia e Malesia.

Il risultato? I principali esportatori di carne bovina, pellame, soia e olio di palma noti per essere coinvolti in pratiche poco chiare di deforestazione e mancato rispetto dei diritti umani, non sarebbero soggetti a controlli stringenti. Le aziende europee che li importano e li commercializzano non dovrebbero quindi più adeguarsi alle severe regole di garanzia.

Rimarrebbero invece solo quattro paesi classificati come “ad alto rischio”: Bielorussia, Corea del Nord, Myanmar e Russia.

Quando la lista nera è comoda, ma non credibile

Fa riflettere che tre dei quattro paesi inseriti nella “lista nera” – Bielorussia, Corea del Nord e Russia – siano considerati dall’Occidente come regimi “canaglia”, non a caso tutte nazioni già oggetto di sanzioni politiche e commerciali da parte dell’UE. L’impressione è che si sia scelto di colpire gli attori già emarginati, risparmiando chi è economicamente troppo rilevante per essere messo in discussione.

Pressioni politiche e lobbies industriali: chi detta davvero le regole?

In un certo senso il passo indietro era annunciato. Brasile e Indonesia avevano chiesto di posticipare l’entrata in vigore della direttiva, lamentando danni economici. L’Italia – insieme alla Germania – si erano schierate per il rinvio, parlando apertamente di “impatto economico sulle filiere” e rischio per le catene di approvvigionamento. È evidente che si è preferito agire in base alla geopolitica e agli interessi commerciali.

Un nuovo attacco al regolamento

È di poche ore la notizia che undici Paesi membri dell’Unione Europea, inclusa l’Italia, stanno chiedendo una ulteriore semplificazione e un nuovo rinvio dell’entrata in vigore dell’EUDR. Da dicembre 2025, l’Unione dovrebbe richiedere alle aziende esportatrici (UE e extra UE) che immettono nel mercato prodotti a rischio deforestazione, di fornire dichiarazioni a dimostrazione della sostenibilità dei loro beni. A fronte di ciò, è stato proposto un emendamento che creerebbe una nuova categoria di Paesi “a bassissimo rischio di deforestazione”, esenti dai controlli doganali e dal controllo dell’origine delle merci. Questa modifica comporterebbe quindi un grave depotenziamento dell’EUDR anche per le esportazioni delle aziende europee.

Purpose ecosistemica e leadership coerenti: occasioni mancate

In un contesto strategico in cui è sempre più rilevante il concetto di resilienza aziendale, le organizzazioni private sono chiamate ad agire secondo uno scopo ecosistemico: generare valore sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale. Tutto ciò non si realizza attraverso il controllo o la competizione incontrollata, ma promuovendo attivamente cooperazione, trasparenza e rispetto delle diversità.

Eppure, l’evoluzione dell’EUDR ci mostra un’altra storia: quella di un sistema che, alla prova dei fatti, privilegia il profitto e le pressioni rispetto ad un impegno etico ed a una visione a lungo temine.

Questa dinamica evidenzia una profonda contraddizione tra le dichiarazioni delle istituzioni, che da anni insistono sulla necessità di minimizzare l’impatto antropico ambientale, economico e sociale, e la mancanza di coerenza riscontrabile sia a livello politico che organizzativo aziendale, dove tali propositi non trovano riscontro nei fatti.

Conclusioni

Se l’Europa vuole davvero diventare un punto di riferimento globale per una economia sostenibile non può continuare a cadere in queste contraddizioni. Serve una leadership capace di unire coerenza e coraggio. Solo così potremo trasformare il “purpose” in azione concreta – per il clima, per i diritti e per le generazioni future.

Link di approfondimento:

https://www.euractiv.com/section/agriculture-food/news/eu-to-blacklist-just-four-countries-under-deforestation-law/

https://economiacircolare.com/rinvio-legge-deforestazione-ue-italia

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