
Quando il Benessere smette di crescere, è il momento di riseminare senso
I dati ISTAT sulla soddisfazione degli italiani per le condizioni di vita nel 2024 ci restituiscono un’immagine solo apparentemente stabile. La quota di persone soddisfatte della propria vita si ferma al 46,3%, contro il 46,6% dell’anno precedente.
Ma dietro questa lieve variazione si celano segnali più profondi, che toccano la qualità delle relazioni, la salute, il tempo libero, la condizione economica, la fiducia verso gli altri. Tutti elementi che costituiscono il terreno su cui germoglia – o si inaridisce – il benessere personale e sociale.
Il nostro settore può fare la differenza
Nel mondo agroalimentare, questo non può lasciarci indifferenti.
Noi operiamo in un settore che ha in sé una chiamata più alta:
- custodire la salute dell’altro,
- nutrire la vita,
- rispettare e rigenerare la natura.
Il nostro lavoro non è solo produzione o trasformazione.
È un atto continuo di cura:
verso chi consuma i nostri prodotti, verso il territorio che ci ospita, verso le persone che lavorano nelle nostre aziende.
Segnali che ci toccano da vicino
Eppure, anche nel nostro settore si avvertono le tensioni che i dati ISTAT evidenziano:
- Il calo della soddisfazione per il tempo libero
- Il peggioramento della percezione economica tra i 35-44enni – una fascia strategica per la tenuta del sistema produttivo
- Il crollo della fiducia reciproca
Sono segnali che ci riguardano da vicino.
Perché quando le persone stanno male, anche le organizzazioni si impoveriscono.
Quando il lavoro assorbe tutte le energie senza restituire senso e riconoscimento,
il malessere entra nei luoghi della produzione, si riflette sulla qualità, sul clima aziendale, sulla sostenibilità sociale delle imprese.
Ritrovare il senso, rigenerare il lavoro
Il vero rischio, oggi, è che chi lavora nella filiera agroalimentare –
nonostante abbia tra le mani un mestiere che dà nutrimento al mondo –
si ritrovi scollegato dallo scopo più alto che dovrebbe ispirare ogni impresa.
Serve una nuova semina.
Serve ritrovare – e in molti casi ricostruire – organizzazioni orientate allo scopo, capaci di mettere al centro il benessere delle persone.
Non come voce accessoria, ma come fondamento della generazione di valore.
Perché solo quando le persone fioriscono, anche le imprese fioriscono.
Solo quando il lavoro è vissuto come luogo di realizzazione personale,
allora diventa davvero motore di profitto sano e sostenibile,
capace di ricadere positivamente sulle comunità e sui territori.
Lo scopo c’è già: riconoscerlo e coltivarlo
Nel nostro mondo, questo è possibile.
Lo scopo superiore non va inventato: è già presente nella natura stessa del nostro lavoro.
Dobbiamo solo:
- riconoscerlo,
- condividerlo,
- farne la radice viva su cui costruire nuove visioni organizzative, nuovi modelli di leadership, nuovi modi di fare impresa.
Un tempo nuovo
Il tempo che ci è dato – oggi più che mai – non è solo quello del mercato, ma quello della rigenerazione:
di senso, di fiducia, di umanità.
E in questa rigenerazione,
il mondo agroalimentare può – e deve – essere protagonista.