Il settore dell’allevamento e della lavorazione delle carni suine sta attraversando un periodo segnato da preoccupanti segnali di degrado. Il profitto sembra prevalere sulla qualità, generando una serie di problemi che compromettono la reputazione di alcuni dei prodotti simbolo dell’agroalimentare italiano. La recente puntata di Report ha evidenziato nuovamente alcune di queste criticità.
Inosservanza dei Requisiti del Disciplinare
Nonostante la fama mondiale della DOP del prosciutto di Parma, i produttori non sempre rispettano il disciplinare. Tra le violazioni:
- L’uso di razze suine a crescita veloce non consentite per l’allevamento, a cui seguiva la regolarizzazione illecita delle cosce nei macelli. Queste inosservanze, comuni anche alla DOP San Daniele, hanno interessato milioni di cosce lavorate e si sono trascinate per anni, a partire dal 2018, portando ad una serie di sequestri che hanno avuto un forte impatto mediatico, trasformando la crisi in uno scandalo ed una perdita di reputazione internazionali.
- L’assenza di controlli sul recente obbligo di mangimi provenienti per almeno il 50% dalla zona geografica della DOP del prosciutto di Parma. In realtà il problema parte proprio dall’inclusione di questo nuovo requisito nel disciplinare, infatti il mangime locale non è sufficiente. In una intervista a Report, la direttrice CSQA ha ammesso che gli ispettori non effettuano controlli effettivi su questo requisito, controllando le quantità solo in base alle autocertificazioni dell’allevatore senza alcuna validazione.
Gestione problematica da parte del Consorzio
Le irregolarità persistono, nonostante le assai frequenti modifiche al disciplinare, i nuovi piani di controlli adottati e le ampie deroghe concesse ai produttori per mettersi in regola.
Problemi con gli Enti di Certificazione
Il cambio dall’Istituto Parma Qualità al CSQA come ente certificatore non ha purtroppo risolto le criticità. Il CSQA è stato sospeso in passato dal MIPAAF per 6 mesi per mancanza di rigore nei controlli ed accusato di eccessiva accondiscendenza ai produttori del Consorzio. La recente intervista ha confermato nuovamente l’accondiscendenza dell’Ente ai desiderata dei produttori e del Consorzio.
La crisi della peste suina africana: una gestione finora fallimentare che stenta a risollevarsi
Abbiamo dedicato una serie di post alle inefficaci misure di controllo e prevenzione finora adottate fino ai recenti sviluppi della nomina del nuovo Commissario e dell’auspicabile cambio di strategie per la lotta alla PSA. L’ultima puntata di Report ha tuttavia evidenziato ulteriori criticità:
- Prodotti alimentari trovati contaminati (compresi anche alcuni snack vegetali) probabilmente per la macellazione di 1 o più carcasse di animali malati appartenenti ad allevamenti vicini alle zone di restrizione;
- Ritardi nel ritiro delle carcasse di cinghiali infetti.
- Mancata manutenzione delle pur largamente insufficienti recinzioni per il contenimento della malattia.
- Attuazione deficitaria delle misure di biosicurezza negli allevamenti, strategia fondante per la lotta alla PSA (ad esempio nella inadeguata gestione delle carcasse degli animali morti).
Disinteresse per il Benessere Animale
Filmati mostrati su Report mostrano episodi di scarsa igiene, gabbie insufficienti, trattamenti crudeli e abbattimenti con elettrocuzione, che causano sofferenze inutili agli animali. Le condizioni degli allevamenti mostrano significative carenze sia nel rispetto del benessere animale che nella garanzia di adeguati standard di bio-sicurezza, con potenziali ricadute negative sulla salute degli animali e sulla prevenzione della PSA.
Conclusione
Il settore necessita di interventi urgenti per ripristinare la trasparenza della produzione, la qualità del prodotto finale e il rispetto per il benessere animale, bilanciando finalmente profitto e responsabilità etica.
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