Da una semplice petizione promossa su Change.org dal Salvagente, si sta giungendo ad una proposta di legge per chiedere di estendere anche alle cosiddette “bevande vegetali” l’Iva agevolata al 4% attualmente applicata al latte vaccino.
Nella petizione si legge: “… Anche gli italiani affetti da “allergie” al latte meritano un sostegno per acquistare bevande vegetali sostitutive … sui “latti” a base di soia, mandorle, avena, riso e simili, grava un’imposta sul valore aggiunto del 22%, alla stregua delle Ferrari, del Dom Pérignon, di un collier di Bulgari o di una maxi tv a schermo curvo.”
Il disegno di legge mirerebbe a tutelare in particolare i cittadini affetti da intolleranze al latte costretti ad acquistare queste “bevande” considerate “alternative o sostitutive del latte” alla stregua di un bene di lusso
Ma il mercato presenta prodotti con valori nutrizionali e valori qualitativi molto diversi tra loro, a discapito della qualità attesa dal consumatore.
Il legislatore è già intervenuto chiarendo che si tratta di “bevande” e non di “latte” vegetale, definizione abusata che rievoca ed accosta questi prodotti al latte vaccino. Quindi senza classificare / regolamentare la qualità reale ed in particolare quella nutrizionale delle bevande “sostitutive” e/o “alternative al latte”, si rischia di non tutelare il consumatore e di fallire con “l’obiettivo iniziale” del disegno di legge.
Proviamo a confrontarci.
Lasciate i vostri contributi per avviare la discussione ed aiutare il Legislatore.
Ecco la mia base di riflessione.
Partiamo dal latte, come punto di riferimento e come alimento bilanciato da sostituire.
Il latte vaccino è un alimento unico.
Ha un valore nutrizionale e una componente proteica ad alto valore biologico. I cuccioli delle specie animali crescono rapidamente con esso.
In commercio il latte per il consumo alimentare diretto si trova di tre tipologie con contenuto di grasso standardizzato:
- latte intero (3,5%),
- parzialmente scremato (tra 1,5-1,8%),
- scremato (inferiore 0,5%).
Il Latte Parzialmente Scremato è il latte vaccino più venduto ed ha una composizione chimica media, qui riportata:
Proteine |
3,2-3,6% |
Grassi |
1,5-1,8% |
Carboidrati |
4,8-5,0% |
Oltre che sali minerali (Ca, P, K ecc.) e vitamine (A, B, D ecc.). |
L’ulteriore classificazione normativa è basata sul trattamento tecnologico che subisce il latte per il consumo alimentare diretto, ma questo tema verrà trattato in altra sede (occasione).
Con l’introduzione del Latte Fresco pastorizzato ad Alta Qualità la frazione proteica (tra i nutrienti più importanti del latte, con un’elevata digeribilità ed una composizione amminoacidica che comprende tutti gli amminoacidi essenziali per l’uomo), ha assunto un valore differenziante.
Intensità dei trattamenti termici e latti commercializzati.
Denominazione del prodotto |
Trattamento termico |
Durabilità |
Latte Fresco pastorizzato di Alta Qualità |
72°C per 15-18 secondi |
6 gg a 4°C |
Latte Fresco pastorizzato |
72-78°C per 15-20 secondi |
6 gg a 4°C |
Latte Microfiltrato (*) pastorizzato |
Microfiltrazione e pastorizzazione |
15-18gg a 4°C |
Latte pastorizzato ad alta temperatura |
Da 90°C per 30-60 secondi a 128°C per 4 secondi |
15-18gg a 4°C |
Latte Sterilizzato UHT |
Da 135 a 150°C per 2-4 secondi |
Almeno 3 mesi a T ambiente |
(*) Un discorso a parte meriterebbe il Latte Microfiltrato, confinato e considerato in modo tecnologicamente non oggettivo dal legislatore, per differenziarlo dal latte fresco e dal latte pastorizzato e UHT. |
Nella tabella sono stati riportati in ordine crescente le Intensità dei trattamenti termici.
Da qui deriva la qualità nutrizionale e commerciale del prodotto.
In generale più è intenso il trattamento termico (temperature più alte e tempi più lunghi, applicati per gradi di contaminazione maggiori e tempi di conservazione maggiori), più è alto il danno termico che la materia prima subisce.
Il calore agisce in questo caso riducendo, in primo luogo, la qualità nutrizionale delle proteine e quella delle vitamine e, quindi, quella organolettica, determinando la comparsa del sapore di cotto che è massima nei latti a lunga conservazione.
Lo stato dell’arte per le “Bevande Vegetali” – Quali prodotti troviamo in commercio?
Le bevande a base vegetale che il consumatore equipara a precedenti latti, non sono tutte uguali tra loro.
Oggi il marketing e la forza commerciale del marchio/insegna ci stanno proponendo un’offerta sempre più ampia (in Italia dal 2012, + 70 nuovi prodotti), sotto la spinta dei trend biologico e vegetale/vegano, con prezzi medi ben superiori a quelli del comune latte vaccino e con contenuto nutrizionale ben lontano dal target ottimale, per potersi denominare “sostitutivo del latte”.
L’offerta presenta prodotti con valori biologici nutrizionali e valori qualitativi molto diversi tra loro e la tendenza è di ulteriore ampliamento, a discapito dei prodotti a base soia (fonte proteica vegetale per eccellenza, utilizzata in questi prodotti).
Si osservi la tendenza del mercato di bevande vegetali a base Soia nel confronto tra il mercato USA e quello Italia.
Nel mercato Usa è molto marcata la tendenza alla riduzione dell’impiego della soia, sostituita da altre materie prime (cereali, succhi, estratti, frutta ecc.).
Ma l’offerta commerciale delle “bevande vegetali “ non è alla stessa altezza del bisogno salutistico atteso dal consumatore, convinto di sostituire il latte vaccino.
Esiste, invece, una marcata risposta del marketing a questo bisogno, che propone prodotti diversi per composizione degli ingredienti. La qualità nutrizionale del prodotto, in particolare misurandola in termini proteici (che esprime il valore biologico nutrizionalmente più alto per un prodotto alimentare) arriva nei casi peggiori allo 0,2%.
Proviamo a capire cosa troviamo in commercio ed, al pari del latte, consideriamo come prima chiave di classificazione, il valore nutrizionale proteico, come riportato nella tabella seguente.
In secondo luogo, si sono distinte le bevande a base di cereali a basso contenuto proteico, con quelle a base soia aromatizzate/fortificate ad alto contenuto proteico e quelle con profilo aminoacidico complementare a base soia ed altre fonti proteiche (ad esempio con riso/agave).
Infine e non per ultimo, il contenuto in zuccheri che emerge prepotentemente come fattore discriminante, considerando che il concept e la percezione del prodotto da parte del consumatore è quella di bevande “sostitutive” e/o “alternative al latte”.
Alcune note a commento:
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La presenza della soia tra gli ingredienti allo stato attuale fa da discriminante per la componente proteica.
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Inoltre in etichettatura si comunica il contenuto in Sali e quello di Grassi Vegetali, enfatizzando la fortificazione con vitamine (D, B6 e B12 ecc.), ma l’apporto proteico in alcuni casi è davvero minimo, mentre passa come normale (in particolare per le bevande a base di cereali, riso, ecc.) il contenuto in carboidrati, che è anche del 14% ed in quello di zuccheri semplici fino al 11% (da “vera bibita” di basso costo).
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La fortificazione con vitamine e sali minerali aggiunti raramente riequilibria il confronto con il latte vaccino.
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Si precisa infine che le “bevande vegetali” in commercio, sono tutte sottoposte a trattamenti termici intensi in genere di sterilizzazione con condizionamento asettico (tecnologia UHT), che sicuramente degrada la qualità nutrizionale e organolettica della materia prima impiegata.
Il consumatore è confuso
Nell’offerta commerciale e nelle campagne di marketing il consumatore è facilmente confuso.
Per risolvere un problema (intolleranza al latte vaccino) e/o seguire un valore etico (veganismo) il consumatore rischia di portarsene dietro altri di natura nutrizionale, spendendo anche di più del dovuto.
Il legislatore, per disciplinare il mercato, è già intervenuto recentemente facendo rimuovere la parola “latte vegetale“ dalle confezioni di questi prodotti e denominandole “bevande vegetali”.
Un ulteriore passo avanti a tutela del consumatore, prima della riduzione dell’IVA o contemporaneamente ad essa, sarebbe quello di definire meglio cosa si intende per bevanda vegetale e soprattutto quale profilo nutrizionale potrebbero avere i prodotti a base vegetale, per essere a pieno titolo denominate “latte vegetale alternativo/sostitutivo del latte vaccino”.
Infatti, il concetto di prodotto “sostitutivo del latte” e/o di bevande “alternative al latte” è ormai sia nelle mente del consumatore, sia in quella dei gruppi che con la petizione e il disegno di legge vorrebbero tutelare e agevolare il consumatore stesso consentendogli di poter meglio accedere a questi prodotti.
La riduzione dell’IVA al 4%, senza la definizione del prodotto e senza la relativa regolamentazione normativa, rischia di aumentare la confusione.
Non possiamo accettare che bevande con apporti proteici inferiori al 0,5% (qualche marchio anche 0,2%) e per di più con valori biologici di bassa qualità – zuccheri semplici da “vera bibita” o addirittura banalmente aromatizzate – vengano commercializzate e soprattutto percepite dal consumatore quali sostituitivi vegetali del latte vaccino, senza possedere proprietà nutrizionali e valori biologici almeno analoghi.
Se premiamo anche questi prodotti con la riduzione dell’IVA, non tuteliamo la salute e non aiutiamo economicamente il consumatore intollerante al lattosio, in uno stato di bisogno.
Verrebbero penalizzate anche le realtà produttive che investono in ricerca e sviluppo ed in innovazione tecnologica, mirando a prodotti vegetali bilanciati dal punto di vista nutrizionale e realmente alternativi / sostitutivi del latte vaccino.
Proposta al legislatore
Riduciamola l’IVA al 10%, ma definiamo rigorosamente in quali casi le bevande vegetali possano denominarsi “sostitutiva del latte” e/o “alternativa al latte”, ponendo particolare attenzione a valore nutrizionale (contenuto proteico minimo e composizione aminoacidica, contenuto massimo di zuccheri semplici, che alcuni legislatori esteri stanno già tentando di limitare, ponendo accise estremamente corpose.
Gianfrancesco Meale