
La recente indagine di Greenpeace Italia “Acque senza veleni” ha rivelato che la contaminazione da PFAS delle acque potabili italiane è diffusa in tutte le regioni e che il 79% dei 260 campioni di acqua potabile analizzati in 235 comuni italiani contiene queste sostanze chimiche.
Le sostanze più comuni
Tra i PFAS identificati, spiccano per frequenza e problematicità:
- PFOA (47% dei campioni), classificato come cancerogeno dall’IARC;
- TFA (40%), un metabolita a catena corta tossico e persistente;
- PFOS (22%), anch’esso un possibile cancerogeno.
Limiti normativi da aggiornare
A partire dal 2026 entrerà in vigore in Italia una direttiva europea che prevede un limite di 100 ng/litro per i PFAS nelle acque potabili. Tuttavia, questa soglia è considerata superata alla luce delle più recenti evidenze scientifiche. Non a caso paesi come Danimarca e Stati Uniti hanno già introdotto limiti più stringenti per la protezione della salute pubblica, mentre Germania, paesi Bassi, Svezia e Belgio hanno valori di riferimento più bassi.
Diffusione e criticità
In tutte le regioni italiane almeno 2 campioni sono risultati contaminati da PFAS, con una diffusione particolarmente alta in Liguria, Veneto, Emilia Romagna e Toscana.
Le analisi hanno rilevato concentrazioni elevate in molte città, in particolare ad Arezzo, Milano e Perugia.
Mentre in un solo campione sono stati superati i limiti fissati dalla direttiva UE – ad Arezzo – ben il 41% di tutti i campioni italiani supera i limiti danesi, mentre il 22% supera i limiti statunitensi.
Un inquinante pervasivo e pericolo per la nostra salute
Diversi PFAS hanno comprovati effetti negativi sulla salute: danni a livello di fegato e sistema immunitario, alterazioni ormonali (agendo come interferenti endocrini) e aumento del rischio di cancro. Come dimostrato da diversi studi scientifici, la problematica non si limita solo all’acqua del rubinetto: i PFAS sono infatti ubiquitari a livello ambientale e presenti in molti alimenti, compresa l’acqua minerale.
Perché è tempo di agire e innovare
Questi dati preoccupanti sono un campanello d’allarme che ci invita a rivedere criticamente l’intero sistema agroalimentare, dalla produzione al consumo, e a ridefinire il nostro rapporto con l’alimentazione, la salute e l’ambiente.
Prevenzione al centro della salute pubblica
È necessario adottare un paradigma preventivo che da una parte promuova l’importanza fondamentale dell’alimentazione per il nostro benessere e dall’altra integri i principi “One Health”, riconoscendo il legame indissolubile tra salute umana, animale e ambientale. La prevenzione deve diventare il pilastro delle politiche sanitarie e delle buone pratiche aziendali, anticipando i rischi e agendo a monte per evitare la diffusione di contaminanti come i PFAS.
Un nuovo ruolo per il settore agroalimentare
Tradizionalmente, il settore si è concentrato sul soddisfare il fabbisogno alimentare. Oggi, però, è chiamato a un ruolo più ampio: non solo produrre cibo, ma promuovere e sostenere la salute ed il benessere collettivo e garantire la sostenibilità ambientale.
Non è più possibile indulgere in pratiche che generano danni incalcolabili quali: l’abuso di pesticidi ed antimicrobici, la diffusione di contaminanti chimici, l’uso di additivi problematici e la produzione di alimenti poco sani o ultra processati.
Le priorità d’azione
È necessario che il governo italiano e la UE si impegnino ad adottare limiti più severi alla presenza di PFAS nelle acque potabili ed a limitare o vietare l’uso e la produzione dei PFAS, sostituendoli con alternative più sicure.
L’approccio preventivo è non solo fondamentale, ma anche l’unica strada percorribile, dato che la rimozione dei PFAS dall’ambiente, dall’acqua e dagli alimenti è a estremamente difficile e costosa a causa della loro straordinaria stabilità chimica
Conclusione: verso un futuro integrato
In definitiva, rimanere ancorati al business as usual equivale a perpetuare un sistema insostenibile, avallare le contraddizioni esistenti e sovvertire la priorità per la natura e la salute. Solo un profondo rinnovamento del nostro approccio all’alimentazione e alla salute, che ponga al centro il benessere delle persone e la tutela dell’ambiente, potrà garantire un futuro più equo e sostenibile per tutti.”
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