
In Italia, il cibo è cultura, identità ed economia, ma purtroppo è anche diseguaglianza. Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International, diffusi in occasione del World Food Day 2025, circa 8 milioni di cittadini (13,9%) vivono in condizioni di insicurezza alimentare moderata o severa, mentre 1,7 milioni di tonnellate di cibo — pari a 3,4 miliardi di pasti da mezzo chilo — vengono sprecate lungo tutta la filiera.
Una quantità enorme che sarebbe sufficiente a sfamare oltre 3 milioni di persone in situazioni di povertà!!!
Un cortocircuito che mette in luce la fragilità strutturale del nostro sistema alimentare.
Spreco domestico in calo, ma ancora troppo elevato
Nel 2025 ogni cittadino italiano getta in media 555,8 grammi di alimenti alla settimana. Il dato è in calo del 18,7% rispetto all’anno precedente ma lo spreco resta un fenomeno radicato e sistemico.
Come evidenziato in un nostro recente articolo, il livello medio settimanale di spreco alimentare in Italia rimane ben al di sopra della soglia considerata sostenibile secondo l’obiettivo ONU di dimezzare gli sprechi entro il 2030 (369,7 g pro capite).
A sorprendere è il fatto che le famiglie economicamente più fragili sprecano di più, spesso a causa di una scarsa educazione alimentare, della difficoltà di conservare correttamente i prodotti freschi e della tendenza a preferire acquisti di alimenti poco costosi e di scarsa qualità.
Tutte ragioni che riconducono a un punto comune: il valore del cibo è stato smarrito.
Allo stesso tempo, cresce la percezione di insicurezza: il 13,8% degli italiani teme di non potersi permettere un’alimentazione adeguata nei prossimi 12 mesi.
Il diritto al cibo come principio costituzionale
Oggi, il 51% degli italiani si dichiara favorevole all’introduzione del “Diritto al cibo” nella Costituzione, anche accettando un lieve aumento della tassazione per finanziare programmi di welfare nutrizionale, mense sociali e filiere corte.
La povertà alimentare non è solo economica, ma diventa anche sociale e culturale: la difficoltà di accedere a un’alimentazione sana si accompagna alla perdita del valore nutrizionale, educativo e relazionale del cibo.
Secondo Andrea Segrè, direttore scientifico di Waste Watcher,
“il problema non è produrre di più, ma distribuire meglio”.
Spreco alimentare: una questione di efficienza e sostenibilità
Ridurre lo spreco alimentare non è solo un dovere etico, ma anche una strategia economica ed ambientale.
La FAO stima infatti che ogni tonnellata di cibo recuperato generi benefici sociali e ambientali fino a cinque volte superiori al suo valore commerciale.
Inoltre, in un Paese dove l’agroalimentare pesa per oltre il 15% del PIL, contrastare lo spreco significa rafforzare la sicurezza alimentare interna, migliorare la competitività delle imprese e ridurre l’impatto ambientale.
Ridurre la disparità alimentare: cosa serve davvero
Affrontare insieme spreco ed insicurezza alimentare significa costruire un nuovo modello di giustizia alimentare, capace di connettere chi ha troppo con chi ha troppo poco.
Serve un’azione multilivello, dove cittadini, imprese e istituzioni agiscono come parti di un unico ecosistema.
Livello domestico: consapevolezza e tecnologia utile
- Promuovere app antispreco (TooGoodToGo, Ubo) per gestire scadenze e ricette.
- Diffondere etichette intelligenti basate su sensori che segnalano la freschezza reale.
- Introdurre programmi scolastici sull’educazione alimentare e la conservazione.
- Sostenere frigo solidali e micro-hub di scambio alimentare nei quartieri.
Esempio virtuoso: a Torino, i Frigo Solidali permettono a cittadini e commercianti di condividere alimenti ancora buoni, riducendo sprechi e isolamento sociale.
Livello comunitario e locale: creare ecosistemi territoriali
- Sviluppare hub del cibo che integrano mense sociali, orti e piattaforme logistiche.
- Connettere la ristorazione collettiva (scuole, aziende, ospedali) con le associazioni di recupero.
- Valorizzare il prodotto locale invenduto con mercati solidali e cooperative agricole.
Esempio estero: nel Regno Unito, la Community Fridge Network ha creato oltre 500 punti di redistribuzione alimentare gestiti da volontari e imprese locali.
Livello industriale: trasformare lo scarto in valore
- Recuperare sottoprodotti alimentari per creare ingredienti funzionali o biomateriali.
- Introdurre controlli logistici e termici per ridurre perdite nella catena del freddo.
- Implementare accordi di filiera per donazioni sistematiche e tracciate.
- Incentivare la digitalizzazione del recupero alimentare con piattaforme B2B come Regusto.
Esempio italiano: Camst Group ha adottato un sistema di tracciamento digitale per monitorare lo spreco nelle mense e riconvertirlo in donazioni certificate.
Livello politico: fare sistema
- Rafforzare la Legge Gadda (166/2016) semplificando le procedure per le donazioni.
- Istituire voucher alimentari per l’acquisto di prodotti freschi e locali.
- Creare un Fondo nazionale per la sicurezza alimentare, cofinanziato da retailer e filiere.
- Inserire il diritto al cibo nella Costituzione, come base per politiche pubbliche durature.
Ispirazione internazionale: il Brasile, con il programma Fome Zero, ha unito educazione, aiuti e sostegno ai piccoli produttori, riducendo la fame di oltre il 40% in dieci anni
Livello culturale: restituire valore al cibo
- Coinvolgere chef, scuole e aziende per educare il cittadino alla riduzione degli sprechi e alla valorizzazione del cibo da un punto di vista etico e nutrizionale.
- Promuovere una narrazione positiva del cibo come bene relazionale.
- Promuovere campagne e festival dedicati alla giustizia alimentare.
- Inserire nei bilanci aziendali indicatori ESG di spreco evitato come metrica di impatto sociale.
Esempio emblematico: la Food for Soul Foundation di Massimo Bottura trasforma eccedenze in pasti per persone fragili, unendo inclusione e sostenibilità.
Conclusioni: verso una giustizia alimentare
Ridurre lo spreco alimentare non significa solo “salvare cibo”, ma restituire dignità e valore a un bene essenziale.
Serve un cambio di paradigma: il cibo non deve essere solo un bene di consumo, ma un bene relazionale, con valore economico, sociale e ambientale.
Ogni pasto recuperato può trasformarsi in una risorsa per qualcuno e in un passo avanti verso un sistema più giusto, efficiente e sostenibile.
Link di approfondimento:
https://www.economymagazine.it/cibo-sprecato-italia-basterebbe-a-sfamare-3-milioni-di-persone/
https://hubbub.org.uk/community-fridge-network