Frode alimentare “bio” e disallineamento valoriale: cosa insegna il caso Bustaffa

Fuscella di ricotta fresca su un tavolo con alcune noci ed un vasetto di miele

La conferma in Cassazione delle condanne per frode alimentare aggravata nei confronti di un’azienda lattiero-casearia di Mantova (Bustaffa Emilio & figli spa) riporta in primo piano un tema centrale: l’etica e il disallineamento tra i valori professati e le pratiche aziendali reali.

I fatti in breve

  • La ricotta veniva venduta come “biologica” nella GDO, ma prodotta nella stessa linea della ricotta convenzionale, con ingredienti non bio.
  • Un dipendente, responsabile della qualità, ha denunciato la situazione, sentendosi in conflitto con i propri valori e con gli obblighi del suo ruolo.
  • L’indagine ha portato al sequestro di sacchi di proteine in polvere, latte e siero privi del riconoscimento biologico, usati nella produzione di alimenti etichettati come bio.

Disallineamento dei “livelli logici”

Il problema etico qui non è solo il mancato rispetto delle procedure o la mancanza di controlli. Che si tratti di una motivazione di coscienza o di insoddisfazione lavorativa, alla radice c’è uno squilibrio valoriale. Se un responsabile arriva a denunciare il fatto, verosimilmente ha “accumulato un rospo” di dimensioni importanti, provando un forte conflitto tra i propri principi e le prassi aziendali.

È possibile che le materie prime convenzionali siano finite accidentalmente in lavorazioni destinate al biologico? Forse. Ma, a prescindere dalla dinamica esatta, emerge un errore di gestione sia delle persone sia dei processi:

  • Selezione del personale: criteri di reclutamento e onboarding non allineati ai valori e alle procedure dichiarate dall’azienda.
  • Formazione e comunicazione interna: lacune nella condivisione dei protocolli e delle responsabilità, in particolare su temi così sensibili come il biologico.
  • Allineamento valoriale: l’organizzazione non ha creato una cultura in cui etica e trasparenza siano parte integrante della quotidianità lavorativa.

Nutrire il Bene: oltre la semplice etichetta

“Bio” non può essere solo un bollino in etichetta, ma deve rispecchiare un insieme di scelte coerenti:

  • Filiera controllata e tracciabile,
  • Processi distinti e trasparenti,
  • Gestione delle risorse umane in linea con i principi di responsabilità e rispetto.

Quando questi valori non sono davvero interiorizzati, si genera un divario tra ciò che l’azienda dice di essere e ciò che effettivamente fa. È in questo spazio che si insinua il malcontento dei dipendenti e la possibile perdita di fiducia dei consumatori.

Conclusione

Il caso Bustaffa rivela come un disallineamento valoriale possa danneggiare seriamente la reputazione aziendale, oltre a mettere a rischio il rapporto con i consumatori e i lavoratori stessi. Per “Nutrire il Bene” non basta dichiararsi sostenibili o biologici, bisogna agire in modo coerente, costruire processi trasparenti e valorizzare le persone che ogni giorno rendono possibile la mission aziendale.

Cosa ne pensate? Avete mai visto situazioni simili di conflitto etico o valoriale nel vostro ambito professionale? Condividete la vostra esperienza nei commenti.

Per saperne di più, potete consultare l’articolo del Sole 24h al link seguente:

https://www.ilsole24ore.com/art/falsa-ricotta-bio-venduta-grande-distribuzione-e-frode-alimentare-aggravata-AGbJgw6B

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