
Il Regno Unito all’avanguardia nelle politiche per una dieta sana
Negli ultimi anni, diversi Paesi europei hanno adottato o stanno adottando politiche pubbliche volte a promuovere abitudini alimentari più salutari. In questo contesto, il Regno Unito si distingue per una serie di iniziative significative finalizzate a ridurre la produzione, la vendita e il consumo di alimenti ad alto contenuto di sale, zuccheri e grassi (HFSS).
Tra le misure introdotte vi sono norme vincolanti sul posizionamento di rilievo sugli scaffali dei negozi fisici e online, oltre a restrizioni sulla pubblicità televisiva durante le fasce orarie protette per i minori, nonché sulle inserzioni online a pagamento.
Trasparenza e obiettivi per un carrello della spesa più sano
È di pochi giorni l’annuncio di una nuova legge che imporrà alle grandi aziende alimentari — sia produttori che distributori — di rendere pubblica, entro il 2029, la quota delle loro vendite attribuibile a prodotti “sani”, in rapporto a quelli meno salutari.
Una volta resi pubblici i dati, il governo intende fissare obiettivi per migliorare la qualità nutrizionale dei prodotti venduti, con l’intento di rendere il contenuto medio del carrello della spesa medio “leggermente” più salutare. Per raggiungere questo scopo, verranno stabiliti obiettivi progressivi, lasciando tuttavia alle aziende piena libertà nel definire le strategie più adatte per conseguirli.
Più dati, più responsabilità
L’intento della nuova normativa è chiaro, responsabilizzare le aziende sull’impatto nutrizionale della loro offerta. Il tutto si inserisce in una strategia nazionale di contrasto all’obesità, che punta a incidere non solo sul comportamento del consumatore, ma anche sulle scelte industriali.
Molti operatori del settore hanno già avviato processi di rendicontazione volontaria: Nestlé, Nomad Foods, Tesco e Sainsbury’s. Nestlé ha dichiarato in un rapporto pubblico del 2023 che oltre il 60% delle sue vendite è derivato da prodotti non sani ed ha dichiarato l’obiettivo di aumentare del 50% il fatturato generato dalle referenze più equilibrate.
Un approccio graduale, basato su metriche condivise
Il criterio per il punteggio di salubrità degli alimenti è il UK Nutrient Profile Model (NPM), già impiegato nelle iniziative pubbliche per il contrasto alla vendita degli alimenti HFSS. Questo sistema di profilazione nutrizionale non classifica gli alimenti secondo la loro natura “ultra-processata” (UPF), ma in base al contenuto di nutrienti “positivi” e “negativi” per una dieta equilibrata.
Secondo Nesta, l’attuale media NPM nel settore della distribuzione è pari a 67/100 ed un miglioramento di appena due punti potrebbe contribuire a ridurre di un quinto l’obesità nel Regno Unito.
Riformulazione e leve commerciali
La riformulazione dei prodotti — ovvero la revisione delle ricette per ridurre i nutrienti critici — si conferma la leva principale a disposizione dell’industria. Ma non è l’unica: anche il riposizionamento sugli scaffali, gli sconti promozionali sui prodotti più salutari e la modifica dei programmi fedeltà possono contribuire al miglioramento del profilo nutrizionale complessivo delle vendite.
Le aziende che non raggiungeranno gli obiettivi potranno essere sanzionate, ma l’approccio normativo si caratterizza per un’evidente volontà collaborativa. Da un parte sono stati avviati progetti per cercare di allineare le esigenze dei vari stakeholders sui principi di base del NPM e sulle metriche che dovrebbero essere utilizzate per valutare le proprie referenze. D’altra parte il lungo periodo di transizione offre un’opportunità preziosa per le aziende di provare e testare nuovi approcci e strategie, in modo da adattarsi progressivamente al nuovo contesto normativo.
Un’opportunità anche per l’Italia?
L’industria alimentare britannica ha accolto positivamente la misura, riconoscendo la necessità di un’azione coordinata per sostenere la salute della nazione ed auspicando un ambiente normativo stabile per continuare a investire nello sviluppo di alimenti e bevande più sani. La proposta riflette una visione sistemica, che riconosce la necessità di azioni condivise tra settore pubblico e imprese private per affrontare un problema di salute collettiva.
Per altri Paesi, come l’Italia, questa esperienza potrebbe rappresentare uno stimolo: non tanto nel copiare modelli altrui, quanto nella necessità di riflettere sul ruolo che le aziende possono giocare nel rendere più accessibili scelte alimentari sane.
In un contesto dove l’educazione del consumatore da sola non basta, introdurre meccanismi di profilazione nutrizionale e responsabilizzazione delle aziende potrebbe favorire un’evoluzione graduale ma concreta del sistema alimentare.
Un cambio di paradigma necessario
Il trend che le multinazionali stanno tracciando e le politiche che si stanno profilando sono segnali chiari di un cambiamento in atto, che va letto in parallelo alla crescente sensibilità del consumatore verso profili nutrizionali più salutistici.
È inevitabile che l’industria alimentare e delle bevande si orienti sempre più verso queste tendenze, sia perché imposte da vincoli normativi, sia perché dettate da opportunità legate a nuovi stili di vita.
Più che contrastare il cambiamento, oggi è necessario comprenderlo e cavalcarlo. Questo comporta sicuramente l’uscita dalla zona di comfort produttiva, consolidatasi nel tempo, ma rappresenta anche una leva di crescita e innovazione.
Il rischio, in caso contrario, è quello di restare indietro o venire travolti da un’evoluzione che sta già cambiando i parametri competitivi del mercato alimentare a livello globale.
Link di approfondimento:
https://www.foodnavigator.com/Article/2025/06/30/reformulation-for-uk-new-healthy-food-standard
https://www.gov.uk/government/publications/the-nutrient-profiling-model
https://www.nestle.com/media/news/nutrition-health-balanced-diet-sales-target